Adattamento al nuovo, velocità, rete le ricette per il futuro economico del Paese

Intervista a Mauro Califano, HR Director Rodacciai

8 giugno 2020

Settecento dipendenti tra le sedi produttive di Bosisio Parini, Sirone e Filiali Italia. Sedi commerciali e di stoccaggio in Europa e negli Stati Uniti: Rodacciai è una delle più solide realtà imprenditoriali del territorio, specializzata nella produzione di acciaio per tutti gli usi industriali. Le attività, salvo lo stop di due settimane in piena emergenza sanitaria, non si sono fermate: “dal 4 maggio siamo a pieno regime, scontiamo ovviamente la difficoltà di un mercato che non lo è altrettanto: abbiamo conservato una parte di personale in smart working per tutte quelle attività per cui è possibile, dall’amministrazione alla programmazione ad una parte del commerciale. Non siamo al massimo della produzione ma in azienda ci siamo quasi tutti” dice Mauro Califano, HR di Rodacciai. Un comitato Covid-19 ha operato da settimane (e continua a farlo) per affinare protocolli e regolamenti e per fronteggiare di volta in volta le situazioni di crisi che potrebbero verificarsi: “per volontà della proprietà abbiamo effettuato esami sierologici per tutta la popolazione aziendale e, oltre alle altre misure di prevenzione abbiamo allestito postazioni per termoscanner: si tratta di costi a carico dell’impresa, ovviamente, ma che abbiamo ritenuto assolutamente necessario adottare”. Troppo poco tempo è passato, secondo Califano, per tentare un bilancio, anche provvisorio: “la sensazione è quella di una sorta di smarrimento e confusione esogena, derivante dalle cose che si vedono e sentono all’esterno e che si riflettono all’interno, ma a mio avviso è presto per ottenere dei feedback che abbiano concretezza, tra un paio di settimane forse avremo impressioni più rilevanti su quello che si sta facendo e su come lo si sta facendo”. 

Certo è che, come accade in molti luoghi di lavoro, le persone si sentono al sicuro e riconoscono gli sforzi fatti per salvaguardare la salute della popolazione aziendale, per cui colpiscono le affermazioni di chi ritiene i luoghi di lavoro pericolosi: “per motivi non chiari o forse decisamente evidenti,  alcuni ‘arguti’ opinionisti hanno ritenuto di dover caricare, sulle spalle già sovraffaticate delle Aziende, anche il problema legato al contagio,  presupponendo che le Aziende stesse , oltre a produrre beni e/o servizi,  producano pure agenti patogeni – dice Califano. – Spesso si assiste ad una inversione del principio di innocenza: sei colpevole se non dimostri il contrario. Quello che ho scritto pe Rodacciai vale per moltissime altre aziende con cui siamo in contatto: abbiamo posto in essere, spesso anzitempo e con maggiori precauzioni rispetto a quanto richiesto, ogni possibile barriera contro la diffusione del virus. Non ci si vuol credere perché le Aziende non sono per definizione centri Benessere? Allora si scelga la strada del tornaconto: all’Impresa conviene che i propri collaboratori possano stare bene e non avere problemi di sorta per poter produrre di più e meglio. Ad ogni modo non vedo come si possa imputare un così sciocco assunto che in nessun caso può stare in piedi”. 

Una salute che non sembra però investire in ugual misura un mercato in forte contrazione: “ad oggi non è facile scorgere i segni di ripresa del comparto metalmeccanico – dice Califano – ed è una situazione che riguarda l’Italia così come la Germania e la Francia, nonostante le misure di contenimento della pandemia siano state differenti per ciascun paese. Un comparto che sconta il suo legame a doppio filo con il mercato dell’automobile: “e per usare una metafora calzante, è come una macchina rimasta ferma a lungo, per rimetterla in moto ci vorrà del tempo. I timori sono legati a contraccolpi che potrebbero arrivare tra qualche mese, anche se per ora i rilievi ci parlano di una situazione, nell’immediato futuro, più rosea di quello che pensavamo. Certo, non sappiamo cosa succederebbe nel caso di una seconda ondata di contagi che, se gestita nuovamente in maniera così drastica, con stop e chiusure, potrebbe avere effetti molto importanti”. Califano vede nel futuro soprattutto dei cambiamenti profondi che investiranno tutti gli operatori del mercato: “se è vero che ogni crisi ci costringe a ridefinire i paradigmi in base ai quali ci siamo mossi precedentemente, questo è ancor più vero oggi. Ovviamente non si tratta solo di ostacoli, ci sono anche opportunità da cogliere, a prescindere dalla drammaticità della situazione: credo che dovremo riconsiderare tutta una serie di attività, modelli relazionali, possibili modifiche organizzative magari a lungo rimandate, questo sia come singola Azienda che come sistema; tutto ciò potrebbe anche essere una bella piattaforma di lancio. Un esempio? I sistemi di aziende saranno senza dubbio un aspetto da implementare; se c’è una cosa che questa crisi ci ha insegnato e ci sta insegnando è che la collettività è riuscita a fare rete, a utilizzare metodi e atteggiamenti corretti per poter ridurre la contagiosità del virus: allo stesso modo le aziende, mettendosi assieme, possono fare cose ottimali, utilizzando una serie di possibilità che ciascuna di loro può avere e che insieme diventano un grosso detonatore, un elemento propulsivo sia per l’attività economica che per la conseguente spinta sociale”. Ecco l’orizzonte che si apre sulla possibilità, sulla prospettiva: “credo che la nostra esperienza sia frutto di un mix adattativo tra quelle che sono le esigenze del mercato di riferimento e le situazioni gestionali e organizzative che riusciamo a mettere in opera rispetto a quel mercato. Pure la costruzione a volte faticosa ma sempre utile di un processo concertativo con le strutture sindacali è un tassello fondamentale di questo processo adattativo, non dimentico mai che, specie nelle aziende manifatturiere, la presenza del sindacato può essere di aiuto o di ostacolo a seconda di come si interagisce. Solo mettendo a fattor comune una serie di esperienze e metodiche di carattere concertativo credo si possano ottenere buoni risultati, utili sia all’azienda che ai lavoratori. Le aziende vivono delle persone che ci lavorano, e se ci lavorano con stimolo il progresso dell’azienda è assicurato. Non parlo di modelli di cogestione alla tedesca, ma di strumenti di concertazione più evoluti, ciò significa crescita culturale di entrambe le parti”.  

Anche il tema del welfare riveste un’importanza centrale, “un capitolo complesso e interessante che, anche in questo caso, investe il territorio, un multiforme strumento con possibilità di sviluppo ancora poco analizzate – dice Califano. – Credo che, a prescindere dalla stagione Covid, ci si debba confrontare sul territorio, col territorio, nel territorio per ottenere quanto di meglio da un congegno che può far funzionare molto bene aspetti economici e sociali”. Il distanziamento imposto non rischia di minare lo spirito di coesione che anima i gruppi di lavoro, che lega le persone all’interno dell’azienda? “Il distanziamento sociale è semplicemente una misura sanitaria: se le radici sono forti e coese la banale modalità di non poter avere, nel contingente, contatti ravvicinati non scalfisce minimamente il senso di comunità e di appartenenza. Anzi, una modalità d’essere che si è resa indispensabile in un frangente problematico, diventa una opportunità di rinforzo nel momento di ritorno al quotidiano. Solo le realtà che hanno saputo costruire nel tempo modelli di comportamento virtuosi (e continuano ad alimentarli) potranno avvalersi dei vantaggi offerti da periodi di forzato distanziamento. La vicinanza vera è quella fornita dalle azioni concrete che, con un preciso obiettivo, possono mettere in opera i vari soggetti che fanno parte di quella comunità”. 

Quale dovrebbe essere il ruolo degli imprenditori oggi, dunque, in termini di progettualità? “Il vero imprenditore è colui che sa agire rapidamente mettendo in moto meccanismi utili per il suo territorio, del quale l’azienda è parte concreta e vitale, e nel quale svolge un ruolo che è al contempo economico e sociale. Credo che questo sia il ruolo di un imprenditore illuminato, quello di dare slancio al mercato del lavoro, offrendo spunti per soluzioni organizzative e gestionali che possono poi potenziarsi attraverso sistemi associativi tra le aziende. RoadJob ad esempio è una sorta di booster, un sistema che agevola e genera azioni propulsive.  Il nostro territorio, come la quasi totalità del territorio nazionale, è fatto di piccole e medie imprese, che da sole non possono avere il peso che invece hanno se fanno rete, se mettono in comune modalità operative senza passare attraverso pastoie politiche e burocratiche, se condividono esperienze che possono essere adottate o trasformate in opportunità da ciascuna singola azienda della rete, in un circolo virtuoso che è possibile attivare solo nel momento in cui si fa massa critica”.  Flessibilità è un altro concetto chiave, assieme a quello di rete, nel disegnare una strategia di rilancio: “occorre educare costantemente la nostra adattabilità al nuovo – dice Califano – stimolare i nostri collaboratori, imparare ad imparare, guardare le cose da un’altra prospettiva. Diceva Einstein che la mente è come un paracadute, da aprire perché possa funzionare. Certo, agiamo all’interno di un sistema che si contraddistingue per pastoie e farragini, in cui non c’è grande cultura della prevenzione, della capacità di vedere in prospettiva. Ma nel caos della situazione contingente le aziende hanno saputo reagire con vigore, mettendosi in gioco in prima persona, supportando i propri dipendenti, prendendo decisioni importanti anche dal punto di vista economico”.