Antonio Pescapè, Digita Academy: “Nell’anno della pandemia i nostri studenti hanno capito come trasformare le aziende”

Non chiamatela una scuola per informatici, anche se è l’errore più semplice su cui scivolano solitamente i media e chi non si prende la briga di voler raccontare le cose come stanno. Al suo quinto anno, Digita Academy esce dal 2020 della pandemia con la schiena ancora più dritta di prima e con i primi effetti di un modello nato a Napoli dal sodalizio tra la Federico II e Deloitte Digital. Un progetto didattico che si sviluppa su 9 mesi di cui 6 in aula e 3 presso le aziende partner. Realtà aumentata, big data, blockchain, privacy, digital marketing, ma soprattutto project management e nuove forme organizzative e lavorative perché ai giovani sia chiaro che entrare nel mondo delle aziende digitali vuol dire conoscere un’azienda dalla a alla zeta.

Digital Trasformation and Industry innovation recita il nome esatto del progetto di cui Antonio Pescapè è il Direttore scientifico, nonché Professore di sistemi di elaborazione delle informazioni presso la storica università italiana.
“Da ingegnere informatico quasi guarito, posso dire che la premessa necessaria da rimarcare, quando si parla di trasformazione digitale, è che non si tratta assolutamente solo di tecnologia. Certo che se non conosci minimamente la tecnologia non puoi fare trasformazione digitale ma bisogna stare attenti a non confondersi e a non confondere. Questo per noi è stato un quinto anno tutto a distanza ma che ci è servito anche per rinnovare la formula: abbiamo introdotto diversi moduli verticali che permettono ai ragazzi di acquisire certificazioni industriali, come quelle di Amazon o ServiceNow. E abbiamo continuato ad investire anche su Salesforce. Abbiamo formato circa 200 ragazzi e il dato positivo è stato anche in netta controtendenza rispetto al blocco generale di vita del 2020”.

Digita Academy è stata pionieristica per Napoli e per l’Italia digitale e il modello ha già generato in città la nascita di altre accademie: basti citare Medtronic Academy o quella di Autostrade o la Academy con Capgemini sul 5G. Tutto è stato attivato in tempo di Covid e le stesse immatricolazioni universitarie già confermano la positività di una tendenza dell’investimento nella formazione; la ricerca universitaria segue a ruota e attesta l’enorme interesse generato a Napoli e in Campania intorno a queste materie; insomma, le Academy confermano la buona strada.

Un trend positivo sostenuto anche dalle aziende?

Soprattutto da loro, sì. L’Academy è composta da una parte di studio, in aula e di gruppo, e una di project work in cui i ragazzi portano avanti progetti per le aziende del circuito. Il 2020 è stato incredibilmente proficuo per loro perché molte aziende si sono orientate verso la riconversione produttiva. Soprattutto nell’entroterra campano, storiche aziende del tessile che facevano solo biancheria si sono messe a produrre mascherine e hanno dovuto rivedere tutto. Ad oggi sono più di 130 le aziende entrate in contatto e parte dell’ecosistema DIGITA.

Un’accelerazione aziendale che diventa patrimonio da non disperdere.

Di certo non continueranno a fare mascherine per sempre ma di sicuro hanno avuto la possibilità di interiorizzare un percorso di transizione organizzativa, produttiva, digitale. E farlo in tempi brevissimi. E questo è stato il vantaggio per le aziende; per quanto riguarda i nostri studenti, la crescita è stata ancora più potente perché nel giro di due o tre settimane hanno dovuto riconvertire linee produttive, cambiare turni, trasformare processi e prodotti introducendo il digitale dentro realtà aziendali che avevano sempre fatto tutt’altro nella loro vita.

È anche una questione di network il successo di Digita Academy?

Diciamo che influisce moltissimo perché nella nostra rete i passaggi, le relazioni e i contatti sono una risorsa impagabile. E in un contesto di emergenza come quello in cui ci siamo mossi nell’ultimo anno è stato provvidenziale perché le aziende cercavano manager o figure capaci, pronte a intervenire verso la trasformazione con logica innovativa. Fondamentalmente si è trattato di aziende familiari che,
seppur con fatturati elevati, non rispondevano ancora a certe logiche e certi sistemi organizzativi moderni: l’accelerazione funziona quando fa aumentare il passo a qualcosa che già esiste ma per molte di loro non era così, per molte si è partiti davvero da zero. La sfida per i ragazzi è stata altissima e piena di gratificazioni.

Esempi felici a cui avete assistito in un anno così complesso?

Senz’altro quello di un’azienda che produceva la classica sfogliatella napoletana a livello industriale, con una sua nicchia di mercato. Di fatto vendevano ai supermercati subendo però la grande concorrenza delle pasticcerie che il lockdown ha però totalmente resettato. Con bar e pasticcerie costretti a stare chiusi, la sua domanda è schizzata alle stelle. Dal suo lavorare le classiche otto ore al giorno, si sono ritrovati a dover fare tre turni da otto ore – in pratica a ciclo continuo – per rispondere alle esigenze del mercato. E i ragazzi collaborando con l’azienda hanno disegnato il nuovo processo produttivo per poter reggere i volumi. O come quei nostri studenti che avevano in corso alcuni progetti con Deloitte: hanno avuto la possibilità, direi la fortuna, di entrare nel team che ha progettato e realizzato un’App che la stessa Deloitte ha utilizzato per tutta la comunicazione interna dal 9 marzo scorso, appena iniziata la pandemia. Oppure i progetti di trasformazione digitale fatti per la maggior parte dei ristoranti che non avevano un menù digitale in tempi Covid. Lì i ragazzi hanno creato piattaforme digitali e applicazioni native per ordinare da smartphone sia che tu sia a casa per un asporto o direttamente da loro al ristorante. Un progetto semplice legato alla dematerializzazione del cartaceo ma che risponde a quel concetto di new normal di cui tanto si parla.

Etica delle tecnologie e questione generazionale.

Il tema diventa importante e ci fa capire quanto sia centrale la questione delle competenze digitali intese come cultura e non come capacità. Oramai l’età non può più essere una scusa, spero sia chiaro che questo genere di cultura serve e serve a tutti.

I NUMERI DELLA DIGITA ACADEMY

Moduli didattici: 30
Studenti: circa 300
Ore di aula: 800

Ore di Project Work: 600
Tutor: 80
Docenti: 50
Manager Deloitte: 50
Manager di aziende partner: 100
Visitatori: 2000
Placement: superiore al 90%
Rapporto candidati rispetto ai posti disponibili: 6 ad 1