C’è voglia di futuro e di normalità. Ma acceleriamo su innovazione, tecnologia e 3D, chiave di risposta alle emergenze.

Intervista ad Arturo Donghi, AD Sharebot

12 giugno 2020

#Ioaiutoin3d: una raccolta di idee e soluzioni per mettere la propria expertise al servizio dell’emergenza nazionale e internazionale. È l’idea che ha avuto la Sharebot di Nibionno (Lc) produttrice di stampanti 3D, nata nel 2014 come startup, oggi giovane azienda con una ventina di dipendenti e circa 4.500 stampanti installate nel mondo, il 50% del fatturato all’estero. Non avendo potuto riconvertire la produzione per far fronte alle nuove esigenze di un mercato pesantemente condizionato dall’emergenza da Covid-19, Sharebot ha ritenuto necessario far sentire la propria voce produttiva per fare la propria parte. 

È l’AD Arturo Donghi a raccontarci di questa operazione di soccorso in 3D, come la definisce: “abbiamo cominciato a stampare pro bono valvole per mascherine per effettuare donazioni alle Asl del territorio, e a regalare filamento – materia prima per la stampa 3D – a chi stava stampando per fare dispositivi per gli ospedali. Insieme a questo, abbiamo raccolto con la nostra campagna #ioaiutoin3d idee e suggerimenti validi, punti di vista differenti che aiutassero a focalizzare l’aiuto in maniera più efficace. Una metodologia di lavoro senza dubbio poco ortodossa e poco tradizionale, ma in Brianza siamo abituati alla modalità “casa-bottega”, lo smart working ci ha aiutati a continuare nella produzione per i settori che erano maggiormente in sofferenza, per fare la nostra parte in un periodo così drammatico”. Un’esperienza di fondamentale importanza, che in qualche misura aiuta a districarsi in un momento altrimenti di difficile lettura: “che il momento sia difficile è chiaro, soprattutto per un’azienda come la nostra che lavora su ordini pregressi e su progetti che hanno bisogno di tempo per consolidarsi – dice Donghi. – Per ora la situazione regge, ma non possiamo prevedere quello che accadrà nella seconda parte dell’anno. Ma quello che possiamo dire è che questa situazione ha fatto emergere con chiarezza la forza dirompente della produzione in 3D. Prendiamo le mascherine: c’è voluta davvero solo una manciata di ore perché il mondo dei makers si mettesse al lavoro per inventare soluzioni di adattamento, cominciare a produrre valvole, la realtà è che solo la stampa 3D ha la velocità e l’adattabilità di risposta a una domanda immediata e massiccia. Questo ci ha fornito un indubbio vantaggio competitivo, perché molte aziende stanno guardando con estremo interesse a modalità produttive che magari non sono nel loro Dna, quelle che consentono di avere in tempo pressoché reale prototipi o piccole produzioni”. 

Il 3D apre in effetti a un nuovo modo di fare impresa: prodotti velocissimi, personalizzati, altamente sostenibili in quanto non generano scarti di produzione: “è ovvio che si tratta di una vera e propria rivoluzione del mercato, la crisi sanitaria ha fornito un’indubbia accelerazione a un processo che era già in essere – dice Donghi – e che ha generato, a sorpresa, ordini che non erano previsti”. Tutto questo assieme all’indubbia competitività che lo strumento dello smart working ha generato: “per noi si tratta di una modalità tutt’altro che nuova, ma ancora una volta si sono aperte ulteriori potenzialità, come sempre accade. Se le conference call erano già utilizzate ampiamente, esse si sono trasformate in uno strumento di team building, abbiamo preso l’abitudine di darci appuntamento ogni mattina per raccontarci quello che ci accadeva, lavorativamente, certo, ma anche nelle nostre esistenze personali. Al tempo stesso ci è servito per mantenere un canale di relazione attivo con i nostri clienti, con i quali i contatti sono ancora diradati, ma pure all’interno dell’azienda per cui Zoom, ad esempio, diventa il mezzo di comunicazione anche tra i vari uffici all’interno dell’azienda”. 

Nuove modalità relazionali che, se possibile, aumentano il senso di appartenenza, a dispetto del distanziamento fisico imposto dalle normative: “non solo tra i nostri dipendenti, devo dire che anche tra aziende e imprenditori si è acceso un canale di comunicazione e scambio che credo sia vitale mantenere attivo anche al di là della contingenza dell’emergenza – dice Donghi. – Abbiamo parlato e ci siamo confrontati, in queste settimane, con collaboratori, clienti e fornitori e il sentiment è comune, c’è davvero tantissima voglia di fare, di rimettersi in gioco e al tempo stesso una grandissima attenzione per la salute dei propri collaboratori, ma è un argomento che credo sia scontato, ogni azienda è fatta delle persone che ci lavorano, quindi avere a cuore il benessere dei propri dipendenti diventa indispensabile. 

Quale allora il ruolo degli imprenditori in questa delicata fase? “Se c’è una cosa che possiamo fare è quella di aprici a una dimensione collaborativa. Occorre riguadagnare la nostra posizione di imprenditori con fantasia e voglia di aprirci al nuovo, non solo “untori” come in molti hanno amato dipingerci anche a livello mediatico, è una questione ma pure un’enorme opportunità di ridisegnarci un’immagine. Dal Governo centrale ci sono stati aiuti, dallo spostamento dei mutui a medio termine alla cassa integrazione, ma la realtà è che questo è il momento di rimboccarci le maniche e disegnare scenari futuri. C’è di sicuro preoccupazione per il futuro, ma credo che ancora più grande sia la voglia di recuperare normalità, per questo sono certo che insieme ce la faremo, imparando dal passato appena trascorso, più velocemente forse che in ogni altra occasione nel passato”.