Eugenio Gotti, PTSCLAS: “Academy aziendali vera risorsa delle PMI ma non con la vecchia logica corporate”

Intervistare Eugenio Gotti, Vice Presidente di PTSCLAS e Responsabile della Business Unit sul Capitale Umano, è un po’ guardare dall’alto in quale direzione dovrebbero andare la formazione, l’istruzione, la cultura del lavoro, l’orientamento, il legame tra giovani e mercato, le attività della politica. Lo ascolto e mi chiedo come mai il nostro Paese non sia ancora capace di sistematizzare la propria idea di futuro.

PTSCLAS, tra le tante anime, ha da tempo anche quella di produrre il sistema annuale Excelsior di Unioncamere, l’unico sistema predittivo dei fabbisogni delle imprese: elaborano i dati raccolti tra le centomila aziende che aderiscono e misurano il tutto in modo raffinato con livelli econometrici di andamento del PIL territoriale e settoriale; producono poi circa 150 bollettini ogni mese, uno per ogni provincia, oltre a rapporti trimestrali in ambito regionale e nazionale.

Saper misurare i fabbisogni di profili e di competenze di certo vi avrà fatto sviluppare una vostra identità nel fornire servizi di orientamento, che è la più grande carenza quando si parla soprattutto di giovani e lavoro.

Noi ci mettiamo nella posizione di informare i ragazzi, le famiglie, le scuole, i docenti su quelle che sono le richieste delle imprese nel medio periodo, spieghiamo loro in che direzione sta andando la ricerca di profili professionali. Sono solitamente i sistemi camerali provinciali a chiedercelo, questa è un’attività specifica che viene fatta su commissione: ma purtroppo, appunto, solo a livello provinciale. Lo facciamo in particolare da molti anni in aree dell’Emilia Romagna e anche in Lombardia su province come Bergamo e Lecco per citare le più rilevanti.

Visto che il Ministero dell’Istruzione deroga completamente al suo ruolo, come si fa oggi ad essere chiari nello spiegare ai giovani il mercato del lavoro?

Nessuno o quasi spiega loro i percorsi formativi per raggiungere i profili professionali richiesti dalle imprese, si danno troppe cose per scontate. Così come, in altra direzione, spieghiamo loro quali sono gli sbocchi sul mercato in base al proprio percorso formativo. Nessuno vuole negare le attitudini o le scelte ma ai ragazzi va comunicata la necessità che prendano presto consapevolezza della realtà e da lì orientino le scelte.

Orientare anche per provare a svincolarli da percorsi non più attuali o troppo legati al passato o troppo succubi di un retaggio familiare?

La velocità estrema dei cambiamenti anche nel campo del lavoro va messa in relazione con la capacità di apprendimento che va allenata e testata di continuo. Tutto è in trasformazione rispetto ai modelli del passato, basti pensare solo all’allungamento dell’età lavorativa e alla non più linearità dei percorsi professionali.

Uno stesso titolo di studio, che in passato aveva uno sbocco chiaro e magari riduttivo, oggi può aprire molti più fronti così come però è altrettanto necessario sapere a monte se c’è mercato o meno per un certo percorso formativo. E questo lo dico da laureato in filosofia.

Passiamo al mismatch. Avete dati aggiornati?

Per il mese di ottobre, il dato di assunzioni di difficile reperimento ha raggiunto il 38% come media nazionale ma con focus su NordEst-Centro, che in ogni caso è una cifra enorme a testimoniare le difficoltà delle imprese. Tra l’altro questo gap è ciò che crea il paradosso di elevata disoccupazione giovanile e alti tassi di NEET in circolazione e dall’altra parte la carenza di assunzioni. In questa logica di scarsità, il nostro lavoro si colloca sul piano professionalizzante e non su quello della ricerca; di fatto aiutiamo le imprese nello sviluppo del capitale umano sia per i lavoratori già in azienda ma soprattutto per quelli in ingresso.

Gli ITS stanno finalmente guadagnando terreno, fiducia e investimento politico. Siamo in ritardo o potrebbero rappresentare una svolta?

Parto da un caso concreto che tocca un’azienda di Brescia in grande espansione nel campo del recupero rifiuti ed economia circolare: non riusciva a trovare manutentori meccanici. Il nostro supporto è stato nell’individuare il profilo professionale corretto, individuare l’ITS con cui avviare il partneriato, orientare i ragazzi dell’ultimo anno di scuola superiore per avviarli all’ITS. Quest’anno si è conclusa la fase formativa dei classici due anni col sistema duale alla tedesca per questa ventina di ragazzi che hanno appunto studiato e intanto lavorato in azienda.

Le piccole imprese vengono spesso dimenticate, perché?

Purtroppo è vero che ci si concentra spesso sulle più grandi ma in una logica italiana le piccole dovrebbero fare un salto. La logica delle Academy, ad esempio, è una possibilità ma non le classiche Academy Corporate di natura interna bensì in una logica più snella, fatta a rete, che metta in contatto tutti i soggetti del sistema educativo.

Forse l’errore di fondo è l’obiettivo che si dà al lavoro e all’orientamento in Italia?

L’obiettivo del sistema duale, ad esempio, non è il salario ma l’apprendimento: solo con un approccio come questo alla cultura del lavoro si riesce a trasformare le nuove generazioni. Gli ITS offrono una diversa modalità per raggiungere un titolo di studio ed è una modalità vincente sul piano dei valori trasferiti ai giovani perché li mette in condizione di sperimentare studio e lavoro insieme e di non vivere a scomparti. Hanno un salario minimo in quei due anni di ITS ma a loro viene insegnato altro, vale a dire l’importanza della conoscenza, del mestiere, dell’adesione alla concretezza dei propri gesti fatti con competenza, della crescita.

Alla fine il risultato è una soddisfazione collettiva: per le imprese, gli istituti, le famiglie, i ragazzi. Un altro errore è la logica del pensare a formule quali la vecchia alternanza scuola-lavoro e oggi PCTO come fasi di sfruttamento dei giovani: io vedo sempre con soddisfazione, invece, ogni momento di contatto giovanile tra studio e professionalizzazione anche se non perfetta nella sua strutturazione.

Ancora troppi giovani che scelgono l’Università?

In Italia non c’è mai stato un sistema terziario professionalizzante a ciclo breve, è il motivo per cui abbiamo pochi laureati in Italia. Quando gli ITS nascono una decina di anni fa sradicano finalmente la logica: sono ancora pochi se pensiamo ai 18mila studenti-lavoratori degli ITS rispetto al milione e seicentomila studenti delle Università. Il Governo ha già stanziato 1,5 miliardi in 5 anni per gli ITS italiani ma la vera rivoluzione è l’iter legislativo già in corso che inserirà ufficialmente gli ITS nel sistema formativo ed educativo italiano.

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Stefania Zolotti, direttrice di SenzaFiltro, il giornale della cultura del lavoro, ha realizzato per RoadJob un ciclo di interviste che mettono nero su bianco il tema dei giovani e il loro rapporto con l’industria, la formazione, la crescita culturale e professionale tra generazioni, le geografie del lavoro.