Il distanziamento sociale ha rinsaldato il dialogo tra imprenditori e lavoratori: l’augurio è che rinsaldi anche quello tra aziende e tra imprenditori e Stato, per un progetto di rilancio strutturato

Intervista a Andrea De Capitani, titolare DECA Srl

30 giugno 2020

Una piccola realtà nata nel 2001, che si inserisce nella tradizione metalmeccanica del territorio producendo macchine per automazione industriale, robotica e sistemi per l’asservimento automatico: è DECA Srl, azienda 100% made in Italy, come spiega il titolare Andrea De Capitani. “Il nostro è un mercato prevalentemente europeo, ma siamo presenti anche negli altri continenti – dice De Capitani – la politica iniziale era di esternalizzare il più possibile le fasi di lavorazioni meccaniche, mentre negli ultimi anni abbiamo iniziato a portare dentro l’azienda le lavorazioni strategiche. Puntiamo sulla diversificazione per vari settori, dall’automotive all’alimentare, e sulla grande versatilità degli impianti, perché il mondo dell’industria è in costante cambiamento e occorrono soluzioni innovative, in grado di adattarsi alle rinnovate esigenze”. Il gruppo, che comprende un’altra società, la WBT Srl, in cui si producono nastri trasportatori metallici – Insieme occupiamo una cinquantina di dipendenti, con un fatturato complessivo di 7 milioni e mezzo di euro.

“Nonostante, con WBT, non avessimo un codice Ateco idoneo a poter mantenere aperti gli stabilimenti, abbiamo comunicato al Prefetto l’intenzione di proseguire anche durante il periodo di lockdown, a supporto della filiera alimentare: molte erano le commesse in essere per importanti gruppi, da Barilla a Orogel, che ci hanno chiesto supporto, forniture e assistenza – racconta De Capitani. – Mentre come Deca dopo una settimana di chiusura abbiamo comunicato ai nostri dipendenti la volontà di ripartire, senza obbligare nessuno, devo dire che la disponibilità è stata pressoché totale, anche perché abbiamo preso precauzioni di ogni sorta, anche più rigide di quelle previste dalle normative”. Qualche settimana fa tutta la popolazione aziendale è stata sottoposta a test sierologici, con il 100% di negativi: “merito nostro e dei dipendenti che hanno gestito la situazione con grandissimo senso di responsabilità – dice Capitani. – Certo non è mancata qualche critica di chi ci ha accusato di pensare al business più che alla salute, sono andato personalmente a parlare con i più scettici e alla fine tutti si sono tranquillizzati e hanno apprezzato la trasparenza e gli sforzi fatti. I risultati del sierologico, d’altra parte, parlano da soli”. Così paradossalmente la situazione che ha imposto il distanziamento sociale ha avvicinato ancora di più il rapporto tra titolari e dipendenti, avvicinandoli, nella consapevolezza di essere tutti sulla stessa barca.

Fare rete, collaborare sembra essere una delle poche e concrete possibilità di uscire dalla crisi: “oggi per lavorare bisogna fare gruppo, ottimizzare risorse e costi dell’organizzazione, abbassare costi fissi per avere più potere contrattuale nei confronti di banche, fornitori: noi così facendo abbiamo abbassato i costi fissi mantenendo i prezzi di mercato competitivi” dice De Capitani.  Nonostante il settore metalmeccanico esca colpito dalla crisi, quello dell’ottimizzazione dei costi è uno dei risvolti positivi della situazione: “l’imprenditore deve esercitare la sua resilienza, fare la differenza cogliendo le opportunità possibili anche nei momenti più drammatici, trasformandoli in positivo – dice De Capitani. – Ad esempio è indubbio che siano stati accelerati processi, come lo smart working, che da tempo richiedevano di essere potenziati; per noi il fatto di non poter uscire per l’assistenza tecnica ci ha permesso ad esempio concentrarci sulla produzione interna, portare avanti progetti sui quali magari si avanzava più lentamente perché non c’era tempo. Stiamo ad esempio sviluppando un configuratore che consenta ai clienti di configurare gli impianti da casa, abbiamo ripensato diversi aspetti relativi all’organizzazione interna, in modo da farci trovare realmente pronti al momento della ripartenza, con una miglior organizzazione a livello produttivo, commerciale e gestionale”.

La pandemia e il mondo “nuovo” che ci aspetta e nel quale siamo già entrati ha di sicuro rafforzato anche le relazioni e gli scambi tra imprenditori del territorio, nella condivisione delle best practice e delle possibili modalità lavorative: “è uno dei processi che indubbiamente sono stati attivati, nel quale peraltro ho sempre creduto fortemente – commenta De Capitani, che già 10 anni fa aveva lanciato l’idea di una rete di imprese a Lecco. – RoadJob in tal senso è un grande patrimonio, un collettore di idee da scambiarsi, di esperienze da condividere, diventa necessario e vitale per capire come affrontare i problemi, anche quelli apparentemente più complessi”.

Quello che manca invece a livello centrale è secondo De Capitani un progetto industriale di ampio respiro: “le banche cominciano solo da qualche settimana a dare piccoli segnali di apertura al credito, a dispetto dei miliardi erogati a parole dal Governo da mesi, ma a mio avviso non basta se non c’è una strategia definitadi investimento. Credo sia responsabilità della politica ma pure del mondo imprenditoriale, perché occorrerebbe un progetto economico condiviso in base al quale indirizzare le scelte presenti e future, per poi puntare su ricerca e sviluppo. E fare filiera: mi sono spesso arrabbiato con chi ha approfittato della crisi per rimandare i pagamenti ai fornitori, la nostra politica è sempre stata quella di onorare gli impegni nonostante la gravità della situazione, perché la solidità della filiera è importantissima nelle difficoltà e bisogna sostenersi l’un con l’altro”.