Investiamo sul futuro, sulle persone, sulle infrastrutture, sulla condivisione: l’emergenza Coronavirus può anche fornire alle aziende grandi opportunità

Intervista all’ingegner Marco Nassi, CEO Group, Formenti & Giovenzana

12 maggio 2020

“Credo che nella situazione di emergenza si sia consolidato il senso di appartenenza delle persone all’azienda: certo, ci sono incertezze sul futuro ma anche una maggior vicinanza tra management e dipendenti, la sensazione di essere tutti sulla stessa barca, come si suol dire, la voglia di ciascuno di portare il proprio contributo alla fase di ripartenza”. 

Parte dal bicchiere mezzo pieno Marco Nassi, ingegnere, CEO Group di Formenti & Giovenzana, azienda leader in Italia per la produzione di componenti per mobili, fondata oltre 70 anni fa – era il 1947 – e che ad oggi conta 8 sedi produttive in Italia e 3 all’estero (Slovacchia, Brasile e Cina), 8 sedi distributive, 1200 dipendenti (la metà dei quali in Italia) e un fatturato di 200 milioni di euro. Un’azienda solida, che ha attraversato pressoché indenne la crisi del 2008: “allora accadde che una gestione illuminata portasse l’azienda fuori dal guado della crisi senza che i dipendenti se ne accorgessero – commenta Nassi – oggi devo dire che la situazione in cui ci troviamo è qualcosa di completamente nuovo, nonostante l’esperienza della nostra sede cinese ci abbia consentito di far tesoro delle informazioni circa la situazione che si stava vivendo là”. 

Oggi gli stabilimenti cinesi sono gli unici in attività, il resto della produzione è restato fermo a causa dell’emergenza Coronavirus: “Già dal 20 febbraio ci siamo mossi con una serie di interventi per la messa in sicurezza dei lavoratori, in accordo con le rappresentanze sindacali: riduzione degli orari di lavoro, ingressi scaglionati, distanziamento, barriere in plexiglass, modifica dell’operatività delle linee, tutto quello che era necessario a garantire un ambiente di lavoro sicuro al 100%”. La crisi vista da un’indole per natura positiva come quella di Nassi presenta più di un risvolto interessante: “credo che si siano aperte sia possibilità immediate che spendibili in futuro – dice -. Pensiamo all’utilizzo dello smart working come metodologia funzionale ed efficiente, o la maggior concentrazione ed ottimizzazione dei tempi su tutte le attività a maggior valore aggiunto. In azienda stiamo accelerando l’introduzione di un programma di lean manufacturing con metodo pull, in modo da armonizzare la produzione alla richiesta effettiva e migliorare la logistica. Ci aspettiamo possa essere una leva vantaggio competitivo rispetto ai nostri concorrenti quando torneremo a regime, oltre a rappresentare un indubbio elemento di positività per i dipendenti, che lavorando per obiettivi predefiniti danno un peso diverso al loro lavoro”.

Le persone sono centrali, per Nassi, e la situazione attuale lo ha messo in luce ancor di più, se possibile: “credo che il ruolo degli imprenditori in questa fase sia anzitutto quello di restituire alle persone fiducia rispetto al loro futuro professionale. Ecco perché occorre anche dimostrare il coraggio di investire per il futuro, avere la capacità di individuare le aree di possibile sviluppo. Dall’altra parte credo saranno inevitabili sacrifici da parte di tutti, dal mutamento degli orari di lavoro alle oscillazioni retributive: da noi abbiamo cominciato con gesti concreti, dal momento che tutti i componenti del Cda si sono autoridotti gli emolumenti del 20%, perché è importante dare l’esempio per primi”. Anche questo va nella direzione dell’avvicinamento tra forza lavoro e management: “un elemento che sarà importante capitalizzare per il futuro – dice Nassi – perché conoscere l’umore e il polso delle persone che lavorano in azienda ha un significato strategico importantissimo”. 

Molti insomma sembrano essere gli spunti di riflessione che la contingenza ha sollevato: “ad esempio occorrerà a mio avviso dotarsi per il futuro, anche per un’azienda di medie dimensioni come la nostra, di moderni metodi di risk assestment e recovery, normalmente in dotazione solo a società di grandi dimensioni. E ancora, il grande tema della digitalizzazione, spesso procrastinata ma che ora si rivela elemento essenziale; l’opportunità di avere spazi di condivisione e riflessione collettiva, anche nella frenesia del quotidiano, per mettere a valore e redistribuire tra tutti conoscenze e competenze, elaborare modelli di confronto snelli”. 

Quali sono dunque i desiderata da mettere su un ipotetico tavolo di discussione? “Ci sono a mio avviso punti programmatici dai quali non si può prescindere per costruire un piano di intervento pubblico a sostegno delle imprese: a cominciare dalla concessione di contributi a fondo perduto, di finanziamenti a lungo termine con tassi agevolati e procedure snelle, a supporto di investimenti per ammodernamento, lancio di nuovi prodotti e crescita. Auspico anche un supporto alle attività di esportazione, ciò che già avviene in altri paesi, con una significativa riduzione dei contributi; e ancora contributi a fondo perduto per la sostituzione delle macchine che hanno raggiunto limite di vita operativa per agevolare il salto verso l’industria 4.0, contributi specifici per interventi relativi alla sanificazione e alla messa in sicurezza, alla digitalizzazione (smart working, che dovrebbe a mio avviso essere sottoposto a una regolamentazione chiara, sganciandosi dalla mera prassi) e alla mobilità del personale, potenziando anche il sistema di trasporto pubblico. Continuo con il grande tema delle infrastrutture per migliorare la rete logistica nazionale e gli scambi con l’estero, perché al di là dei problemi di sicurezza – con i tristemente famosi crolli di cui siamo stati purtroppo spettatori – la distribuzione delle merci è penalizzata, ma parlo anche di infrastrutture digitali, con il potenziamento della banda larga e il 5G. Guardiamo anche ai programmi di innovazione che coinvolgano società private, enti di ricerca e università, con finanziamenti a fondo perduto per mettere a valore tutte le competenze che esistono ed aumentare innovatività e competitività. Nell’immediato credo invece che serva un aumento della flessibilità lavorativa e contrattuale, come pure la messa a punto di regole chiare per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori, se necessario anche con l’acquisto di test sierologici a spese delle aziende: capisco che permangono difficoltà scientifiche e c’è la necessità di avere standard di sicurezza massimi, ma da parte delle aziende c’è la massima disponibilità a collaborare, perché dalla sicurezza e salute dei nostri dipendenti dipende interamente la vita stessa di un’impresa”.