Noi imprenditori siamo stati pronti a intervenire sull’organizzazione del lavoro: le istituzioni ci aiutino ad affrontare le perdite di fatturato

Intervista a Walter Pennetta, Imprenditore, Dai Spa

15 maggio 2020

Il vero problema è l’incertezza sui tempi, perché l’impossibilità di pianificazione è la reale nemica di ogni imprenditore. Anche se occorre sempre essere pronti, avere persone in panchina ed essere pronti a mandarle in campo”. Walter Pennetta, imprenditore, fronteggia come tanti le incognite economiche legate all’emergenza Covid-19: la sua azienda, Dai Spa, gestisce e colloca i distributori automatici che fanno parte del nostro orizzonte quotidiano, nei luoghi di lavoro, negli ospedali, negli uffici pubblici. Numeri importanti, con oltre 400 dipendenti, 9 filiali in tutta Italia, 25mila distributori collocati sul territorio nazionale, 15 mila clienti, 300 veicoli che girano quotidianamente per fare manutenzione e rifornimento, un fatturato da 70 milioni di euro. Entrate che a causa dell’emergenza sanitaria si sono drasticamente ridotte, con un crollo del fatturato del 75% “non più recuperabile, ovviamente, e con l’ulteriore complicazione che dobbiamo garantire reperibilità e funzionamento 24 h/7, nonostante abbiamo lavorato al 20%, potendo rifornire ovviamente solo le strutture che sono rimaste aperte”. Lo smart working è stato applicabile solo in piccola parte, per l’amministrazione, perché si tratta di un lavoro che si svolge prevalentemente in magazzino e presso i clienti, sul territorio. “I dipendenti sanno che il lavoro scarseggia, e ovviamente c’è preoccupazione per il futuro, perché dipendiamo in maniera totale dai clienti e dal modo in cui si riprende: basti pensare al mondo della scuola”.

 

Si pone il problema dunque di come garantire il servizio ai clienti che sono aperti, in condizioni di minor consumo e senza fatturazione a regime, adeguando i mezzi. “Fortunatamente negli ultimi anni abbiamo investito anche nella direzione del 4.0, con la possibilità di controllo da remoto dei distributori, per fare interventi di manutenzione dalla sede, ma resta la necessaria attività di rifornimento. Già in epoca pre-Covid avevamo avviato un progetto sulla telemetria, ossia la possibilità di colloquio con le macchine tramite invio e ricezione dei messaggi, in un’ottica di maggior efficienza e attenzione al cliente che poi in questo frangente si è rivelata un’azione di grande utilità”. La crisi porta forse più che altri momenti a rendersi conto di quanto l’investimento in tecnologie diventi sempre più strategico: “da imprenditore sono abituato, per forma mentis, a percepire l’opportunità che si cela sempre dietro al problema, in questo caso ad esempio mi sono reso conto di quanto sia possibile migliorare l’organizzazione del lavoro. Smart working, videoconferenze erano modalità che non avevo mai preso in considerazione prima, ma che si stanno rivelando efficienti. Io stesso ho sperimentato l’efficacia degli strumenti digitali, lavorare da casa quasi tutti i giorni della settimana si sta rivelando inaspettatamente produttivo. Per non parlare di un agire molto più solidale ed umano, che è un aspetto forse mai tenuto nella giusta considerazione nella frenesia della quotidianità”.  Anche la possibilità di utilizzare i macchinari per la distribuzione di gel mani o dispositivi di protezione come le mascherine potrebbe essere un orizzonte, anche se non facilmente attuabile. Certo è che se per quanto riguarda la dimensione organizzativa del lavoro la rapidità di risposta da parte delle imprese c’è stata, Pennetta ha ben chiaro quali potrebbero essere gli aiuti indispensabili alle aziende sul versante economico: “il decreto liquidità si scontra con la richiesta, da parte della banca, del rispetto di una serie di requisiti meritocratici che rallentano le procedure, mentre occorrerebbe snellire quanto più possibile tutti i passaggi burocratici.

 

La cassa integrazione è uno strumento valido, ma si sarebbe dovuto intervenire anche qui sulle procedure, perché la straordinarietà della situazione richiede una gestione non ordinaria, appunto. La liquidità è un altro grande problema, se i soldi vengono erogati solo a distanza di mesi perché non ci sono direttive certe e comprensibili, il rischio ad esempio è che il credito con garanzia, come disposto dalla legislazione, diventa un ostacolo per le banche più che una tutela, per non parlare dei tassi di interesse che restano comunque in capo alla contrattazione tra singoli e istituti bancari. Allora sarebbe utile prevedere prestiti a fondo perduto, la creazione di crediti d’imposta, il rimborso delle imposte anticipate, contributi per ogni dipendente, e soprattutto occorrerebbe poi che questi strumenti avessero delle tempistiche certe e possibilmente brevi. Capisco tutte le tutele, perché c’è sempre chi è pronto ad approfittare delle situazioni in maniera poco limpida, ma il confronto con altri stati diventa impietoso, se pensiamo ad esempio che in Romania le richieste di finanziamento possono essere fatte on line e la risposta arriva nell’arco delle 48 ore”. Come muoversi allora, come fare per avanzare le proprie legittime richieste, soprattutto se si fa impresa in una delle zone che più duramente sono state colpite dall’emergenza? “Devo dire che le associazioni di categoria si stanno muovendo bene nel portare avanti le nostre istanze, ma per chi come noi partecipa a gare d’appalto e lavora con gli enti pubblici diventa difficile ridiscutere certi termini: con un minore fatturato ad esempio sarebbe utile ottenere una riduzione dei canoni sui distributori. Ci sono state però lodevoli eccezioni: un’ordinanza aveva sospeso il servizio dei distributori automatici anche negli ospedali, come al Sacco di Milano che è nostro cliente. Per fortuna 24 ore dopo è stata apportata la modifica, sembra un fattore secondario ma con le mense chiuse le macchine del caffè e degli snack sono rimaste l’unico punto di ristoro. Ci piace pensare di aver fatto la nostra parte, aiutando per quel che potevamo chi è stato in prima linea nelle settimane più drammatiche”.