Una regia europea per far ripartire l’economia, o si rischia il ripiegamento all’interno dei confini

Intervista a Gianluca Bella, HR Director Gruppo Agrati, nella filiera delle applicazioni automotive

5 maggio 2020

Quello che mi preoccupa, e che emerge chiaramente in questo momento di emergenza, è la totale assenza di un coordinamento a livello europeo per quel che concerne il nostro settore di riferimento, l’automotive. La catena di fornitura è talmente interconnessa che andrebbe valutata una riapertura il più possibile coordinata nei paesi di riferimento, Italia, Francia, Germania, Spagna, ma non ci sono iniziative in tal senso”. Gianluca Bella è HR Director del Gruppo Agrati, azienda che si occupa di sistemi di fissaggio per applicazioni automotive, 750 dipendenti in Italia e 2.500 in tutto il mondo – Usa, Germania, Francia e Cina, se si guarda al Gruppo, con un fatturato complessivo di circa 650 milioni di euro. 

Le associazioni delle aziende automotive tedesche hanno chiesto espressamente ai loro fornitori italiani di allineare le loro aperture con quelle tedesche, ma ovviamente abbiamo le mani legate. Credo che non si stia guardando con sufficiente attenzione ai bisogni di chi ha forti legami con l’export, la dimensione europea manca del tutto ed è emblematico che tali mancanze esplodano nel momento dell’emergenza sanitaria, portando forse alla luce però carenze strutturali ben più antiche dell’attuale momento”. Il rischio, dice Bella, è quello di un ripiegamento all’interno dei confini nazionali, che sarebbe estremamente dannoso: anche perché nonostante la qualità del made in Italy sia difficilmente rimpiazzabile, inevitabilmente ci si rivolgerà a fornitori in grado di soddisfare la domanda. 

Se la produzione in Cina è ripartita già da qualche settimana, gli stabilimenti italiani sono rimasti fermi dal 18 marzo, continuando solo a gestire una parte di spedizioni di prodotti legati alle filiere essenziali, parte del settore amministrativo e una certa business continuity per quel che riguarda il settore commerciale, con nuovi progetti che vanno avanti nonostante il lockdown. Ma qual è il sentimento che si respira tra i dipendenti? “C’è ovviamente preoccupazione, di ordine sanitario ed economico. Il comparto automotive era già in sofferenza, con un -70% in alcuni paesi registrato nel mese di marzo. La cassa integrazione è un ammortizzatore utilissimo, ma non sufficiente sul lungo periodo. Siamo in attesa di capire in che modo evolverà la situazione”. La presenza dello stabilimento cinese ha offerto un vantaggio in termini di conoscenza in anticipo della situazione, quando sono scoppiati i primi casi in Italia: “è senza dubbio un confronto importante quello che abbiamo costantemente con la Cina perché ci permette di capire quando e in che modo potremo ripartire, sulla scia del loro esempio, ovviamente salvaguardando come obiettivo imprescindibile la salute di tutti i dipendenti”. 

Una globalizzazione che con il Covid-19 ha travalicato i confini economici per impattare sulla vita del singolo: “credo che la situazione nella quale ci troviamo ci abbia fornito una nuova visuale su cosa significhi globalizzazione: nessuno si sarebbe mai aspettato che la nostra vita quotidiana avrebbe subito ripercussioni a partire da ciò che accadeva in un mercato cinese. Spero sia una lezione da portarci dietro, quando si tornerà alla normalità, perché appare evidente che nel futuro potrebbero ripresentarsi scenari di crisi simili. Gli italiani sanno reagire con creatività, ma questa situazione ci ha insegnato che non basta, occorrono invece metodologie, strumenti, procedure e piani, e credo che in questo periodo molti imprenditori lo abbiano imparato sulla propria pelle”. Alla sopravvivenza, insomma, siamo attrezzati, il problema è invece una visione a lungo termine: “gli imprenditori possono essere un interlocutore chiave per il mondo politico ed istituzionale, anzi credo debbano assumere un ruolo propulsivo e di indirizzo nei confronti delle decisioni governative: credo che in questo senso le associazioni di categoria debbano assumersi questo impegno in maniera netta”. 

La responsabilità degli imprenditori è un punto focale nel ragionamento di Bella: “sono loro a dover essere i primi garanti della salute dei dipendenti, dotandosi di strumenti e misure per la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro, nessuno può farlo al posto loro”. La crisi ha anche aperto, inevitabilmente, un fronte costante di confronto tra le aziende del territorio: “poterci raccontare cosa sta accadendo e il modo in cui ciascuna realtà lo affronta è utilissimo, ed è un patrimonio che non dovremmo disperdere nemmeno in una dimensione di normalità: avere benchmark è utile, ed è una delle cose migliori che stiano accadendo. 

L’augurio per il futuro? “Credo che sconteremo a caro prezzo qualsiasi ritardo, e lo ribadisco soprattutto in una realtà come la nostra che ha il 90% del fatturato fuori dai confini. Una regia europea, in questo momento di così grande incertezza, sarebbe il primo imprescindibile strumento da mettere in campo”.